Elettrocardiogramma a domicilio: quando e come farlo

La prevenzione cardiovascolare è un fattore estremamente importante per la salute e il benessere di tutti, ma a volte è necessario eseguire un elettrocardiogramma a domicilio soprattutto nei casi in cui il paziente o la persona inferma siano impossibilitati a raggiungere uno studio medico per il monitoraggio cardiaco.

L’ecg può essere richiesto da uno specialista – cardiologo, chirurgo vascolare etc.- oppure da qualsiasi medico sospetti l’insorgenza di patologie a carico del miocardio, incluso il medico di famiglia o la guardia medica.

In che cosa consiste un elettrocardiogramma a domicilio?

Un elettrocardiogramma a domicilio è un test molto semplice che può essere usato per controllare l’attività e il battito cardiaco, fornendo importantissime informazioni sulla salute del miocardio.

Esattamente come quando si viene visitati da un cardiologo in una struttura medica, l’elettrocardiogramma a domicilio viene svolto da un dottore o da un infermiere che si reca nell’abitazione del richiedente con una specifica strumentazione portatile in grado di restituire un tracciato del ritmo cardiaco.

In generale, l’equipaggiamento consiste in una serie di 10-12 elettrodi, a ventosa o con uno strato di colla dermica, da applicare in punti specifici sulla pelle del torace e sugli arti, in modo da captare i segnali elettrici prodotti dal cuore ogni volta che batte, per un totale di 12 derivazioni, che forniscono altrettanti “profili” dell’attività cardiaca.

Questi segnali vengono registrati da un’apparecchiatura che li trasforma nel classico tracciato a onde e intervalli, segnalando a chi lo legge eventuali anomalie nel ritmo o nella frequenza cardiaca, ma anche le variazioni di conduzione dell’impulso, sofferenze a carico dei ventricoli, aritmie e così via.

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Quando richiedere un elettrocardiogramma a domicilio?

L’ECG è sovente usato in associazione ad altri tipi di esami per diagnosticare e controllare le patologie a carico del cuore.

Può essere utilizzato per analizzare i sintomi correlati a sofferenza cardiaca, come palpitazioni, fiato corto, dolore al petto, tachicardia o vertigini, ma anche a tenere sotto controllo l’utilizzo di farmaci che possono affaticare o interferire con il normale funzionamento del sistema cardiovascolare.

In particolare un elettrocardiogramma può individuare:

  • Aritmie: quando il cuore batte troppo velocemente, troppo lentamente o in maniera irregolare, presentando ad esempio fibrillazioni atriali
  • Malattie coronariche: quando l’apporto di sangue al miocardio è insufficiente o bloccato da trombi o restringimenti dei vasi arteriosi e venosi
  • Malattie delle valvole cardiache: quando una o più valvole non funzionano correttamente
  • Infarti o ischemie: quando l’afflusso di sangue al cuore viene interrotto in modo improvviso
  • Cardiomiopatie: quando le pareti del cuore si ispessiscono o si assottigliano in modo patologico
  • Squilibri elettrolitici: quando la concentrazione di ioni di alcune sostanze, specie sodio e potassio, disciolte nel sangue è alterata
  • Funzionamento di dispositivi chirurgici: quando occorre monitorare impianti cardiaci come il pacemaker
  • Monitoraggio terapeutico: quando bisogna sincerarsi che i farmaci somministrati non sovraccarichino il cuore, per esempio nel caso di uso di digossina, farmaco ampiamente usato in campo cardiologico

Per effettuare l’esame non occorre nessuna preparazione particolare: l’elettrocardiogramma a domicilio si esegue solitamente in condizione di riposo, non è richiesto il digiuno né altri accorgimenti particolari prima di sottoporsi all’ECG, essendo un test del tutto non invasivo né doloroso o pericoloso che dura poco più di un minuto. I risultati sono infatti immediati.

Soprattutto nei casi di persone allettate, può essere richiesto un elettrocardiogramma a domicilio quando siano state precedentemente diagnosticate aritmie, ipertensione venosa, ischemie, o in caso di malattie arteriosclerotiche, ipertiroidismo, diabete.

For Life Emergenza: elettrocardiogramma a domicilio a Roma e nel Lazio

Per tutti coloro avessero bisogno di un elettrocardiogramma a domicilio, Emergenza For Life mette in campo un’equipe di professionisti per offrire un servizio di diagnostica domiciliare personalizzato a seconda delle esigenze.

Per saperne di più, chiama il numero 0686976146.

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Radiografia a domicilio: in cosa consiste?

Quanto costa una radiografia a domicilio? Come si fa? Chi la prescrive? Quanto tempo serve? Quando si è allettati, anziani o con difficoltà estreme di movimento a causa di malattie e infortuni, poter effettuare un esame radiologico a casa propria senza doversi spostare verso un laboratorio specializzato può essere di grande conforto e sollievo per chi si debba sottoporre ai raggi.

Dall’ospedale a casa

La radiografia a domicilio discende dallo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate e compatte che ha permesso, nel corso degli anni, di sviluppare apparecchi mobili facilmente trasportabili e “portatili”.

Le prime strumentazioni di questo tipo venivano utilizzate principalmente negli ospedali, quando la movimentazione di un paziente in gravi condizioni dalla stanza di degenza a quella radiologica avrebbe potuto costituire una minaccia per la sua salute.

Le cosiddette unità mobili di radiografia sono costituite da una sorta di macchina centrale dotata di ruote e consolle di comando, cui è collegato il braccio che sorregge il tubo radiogeno che emette raggi X a bassa intensità

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Quando si può fare una radiografia a domicilio?

Radiografia a domicilio_2

La radiologia domiciliare è indicata soprattutto in casi non emergenziali, ma che richiedono un’attenzione particolare per il paziente, solitamente allettato o immobilizzato, con patologie del sistema nervoso centrale o che necessiti di un costante monitoraggio dei parametri vitali.

Ad esempio, può succedere infatti che una persona anziana, già debilitata o in cura a casa, si procuri una frattura cadendo o sbattendo contro un ostacolo: il trasporto in ospedale o in una sede radiologica potrebbe costare molta più fatica o preoccupazione che non eseguire l’esame sul proprio letto di casa.

Oppure può essere necessario verificare la corretta risaldatura di una pregressa lesione, con una tempistica di refertazione accettabile, e quindi senza urgenza: anche in questo caso la radiografia a domicilio semplifica le pratiche in pochi minuti.

A cosa serve e chi la può fare?

Ci sono anche altri casi in cui si può richiedere una radiografia a domicilio, per sincerarsi di alcune condizioni: verifica della presenza di calcoli renali, di volvoli o perforazioni intestinali, di neoformazioni di diverso genere, sospetto di fragilità ossea, osteoporosi e di accidentale ingerimento di corpi estranei, presenza di processi degenerativi o infiammatori, tendiniti e problemi a livello dei legamenti, oltre alla constatazione di fratture, lussazioni e decorso delle stesse.

Solitamente è possibile eseguire esami radiologici domiciliari al torace, all’addome, al bacino e ai distretti scheletrici periferici. Le proiezioni effettuate sono in genere due, ma a seconda dei casi possono essere anche di più. L’esame non richiede più di 10 minuti in totale.

Sebbene la pericolosità dei raggi x sia ormai ben nota, la quantità di radiazione emessa dalle strumentazioni di oggi è molto più bassa e controllata rispetto anche solo a una ventina di anni fa, rendendo gli esami radiologici meno pericolosi e accessibili a tutti. Se effettuata a domicilio, i macchinari non lasceranno alcuna radiazione residua all’interno della casa.

Solo le donne incinta o con sospetta gravidanza non dovrebbero sottoporsi ai raggi-x, per tutelare la salute del feto.

Esami radiologici a domicilio con Emergenza ForLife

La diagnostica a domicilio è una delle punte di diamante di Emergenza ForLife che rivolge ai suoi pazienti un’attenzione estrema e mirata per fare in modo di rendere la malattia il più “leggera” possibile, semplificando tempi e modalità degli esami.

Per richiedere una radiografia a domicilio, è sufficiente chiamare il numero 06 86976146 e prenotare il servizio. Interverrà un team di professionisti con apparecchi radiologici di ultima generazione digitale, in grado di refertare le immagini ad alta qualità ottenute in sole 24 ore.

Ambulanza tipo A: a cosa serve e quando deve essere chiamata

La classificazione delle vetture adibite al trasporto di infermi, infortunati e feriti in “ambulanza tipo a” e di “ambulanza di tipo b” si trova nel DM 553 del 17/12/87, anche la normativa europea EN 1789:2020 ha cambiato alcuni standard di riferimento.

Tipologia ambulanze per la direttiva Europea

Nell’ottica di omologare i servizi a livello sovranazionale, l’Unione Europea ha stilato una normativa in cui vengono definiti gli standard di riferimento che dovrebbero essere adottati da tutti i paesi in tema di ambulanze, in modo che siano sempre riconoscibili.

La norma prevede dei parametri sia a livello della carrozzeria degli automezzi che della loro attrezzatura. Le tipologie previste sono in ordine progressivo di emergenza:

  • ambulanza tipo A: adibita al trasporto sanitario non emergenziale. Esistono anche due sottocategorie: A1, mezzi senza sirene né luci, A2, con dotazione di segnalazione visiva e acustica. Solitamente è più piccola e meno attrezzata dei mezzi di pronto soccorso.
  • ambulanza tipo B: è l’automezzo più comune e riconoscibile, trattandosi di un’ambulanza per il pronto soccorso. Dotata di un equipaggiamento avanzato, è in grado di prestare aiuto anche sul campo. A bordo è presente un medico di urgenza.
  • ambulanza tipo C: è un automezzo impiegato per situazioni di massima emergenza su cui trova posto non solo l’equipaggiamento avanzato, ma anche di tipo ospedaliero, come l’intubazione e la ventilazione assistita durante il trasporto. Può funzionare come centro mobile di rianimazione e viaggia sempre con uno o più medici a bordo.

Tipologie di ambulanze in Italia

Facendo riferimento, invece, alla legislazione italiana, si possono distinguere tre tipologie di ambulanze a seconda della strumentazione a bordo, dell’equipe presente sul mezzo e della finalità cui sono chiamate a rispondere:

  • ambulanza tipo A: con medico d’urgenza a bordo, è la vettura chiamata in caso di emergenza per un rapido trasferimento del paziente in una struttura ospedaliera o un immediato intervento sul campo. Le sottocategorie A1/2 in questo caso si riferiscono ai mezzi che operano nei centri storici o con particolari specifiche dimensionali. Nell’A2, ad esempio, possono essere caricati più pazienti;
  • ambulanza tipo B: destinata al trasporto pazienti, può essere anche un’automedica o un taxi sanitario, viene chiamata in caso di necessità, quando si debba trasferire un infermo o un allettato che non può muoversi da o verso un centro di cura;
  • ambulanza tipo C: sebbene non compaia esplicitamente nel DM 553/1987, si tratta della cosiddetta “unità mobile di terapia intensiva”. Sovente è l’ambulanza di tipo A a prendere in carico pazienti gravi, che necessitano di trattamento avanzato.

Altre sigle indicano più esplicitamente quali strumenti e professionisti trovano posto a bordo:

  • MSB, mezzi di soccorso di base: trasportano presidi semplici e personale soccorritore;
  • MSI, mezzi di soccorso intermedio o infermieristico: trasportano presidi semplici e/o avanzati, con la presenza di un infermiere a bordo;
  • MSA, mezzi di soccorso avanzato: trasportano equipaggiamento avanzato, con la presenza di un infermiere e di un medico specializzato in anestesia e rianimazione.
  • VLV: veicolo leggero veloce, come l’automedica

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Qual è la strumentazione di un’ambulanza tipo A?

La cosiddetta ambulanza di soccorso, in cui l’abitacolo è separato dal vano destinato alla prestazione di cure al paziente, ha in dotazione una serie di presidi e di strumenti medicali che cambiano a seconda dell’entità della situazione in cui ci si trova.

L’ambulanza tipo A infatti può essere utilizzata o per prelevare il paziente e portarlo il più velocemente possibile in luogo sicuro, oppure per stabilizzarlo sul luogo e poi trasportarlo in ospedale.

Non mancano mai, tuttavia, kit di rianimazione, materiale di primo soccorso e per le medicazioni, strumenti diagnostici di base, apparecchi per l’ossigenoterapia (maschere facciali, pallone autoespandibile), attrezzatura per la movimentazione dei pazienti e per l’immobilizzazione in sicurezza (tavola spinale, trauma estricatore, materassino atraumatico), dispositivi per il monitoraggio dei parametri vitali e per l’infusione venosa, defibrillatore, deflussori, cannule nasofaringee.

Anche gli apparati dell’ambulanza di tipo A devono essere ben distinguibili: scritta ambulanza sul cofano, simboli del soccorso – come la stella della vita, colori definiti a norma di legge, preferibilmente a scacchiera.

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Quando viene chiamata l’ambulanza tipo A?

Questo tipo di mezzo entra in attività in casi di estrema urgenza, ossia quando il paziente è a rischio di vita o necessita un intervento immediato di tipo farmaceutico o medico.

Ecco perché a bordo è sempre presente un medico del Dipartimento Emergenza e Urgenza, coadiuvato da almeno due soccorritori con esperienza avanzata.

Le ambulanze di tipo A sono quelle che intervengono quando si chiama il 118, e quindi in carico all’SSN, ma il servizio può essere svolto anche da compagnie private.

La flotta di ambulanze di For Life

For Life è pronta a intervenire in qualsiasi situazione di emergenza e per il trasporto degli infermi con una flotta di ambulanze di ultima generazione.

Personale altamente qualificato e preparato accompagna il paziente o l’infermo in ambulanza tipo A sia sulle brevi che sulle lunghe percorrenze, garantendo un’assistenza puntuale e su misura.

Per maggiori informazioni basta contattare il numero 06 86976146.

Emogasanalisi, a cosa serve e a chi rivolgersi per farla a domicilio

L’emogasanalisi, abbreviato sovente con EGA, è un esame ematico che misura i livelli di ossigeno e anidride carbonica disciolti nel sangue, oltre a rilevarne l’acidità in base al pH. Il campione viene eseguito su un prelievo arterioso – e non venoso – dal polso o dal braccio, dietro prescrizione medica, soprattutto in situazioni di criticità della salute di un paziente.

A cosa serve l’emogasanalisi arteriosa?

Il nostro organismo in condizioni normali regola autonomamente la quantità di ossigeno e di anidride carbonica presente nel sangue, onde evitare che si verifichino casi di ipossia, ossia carenza di ossigeno, che potrebbero danneggiare severamente i tessuti, specialmente di cuore e cervello, o di ipo/ipercapnia.

L’emogasanalisi dunque serve per valutare l’esistenza di patologie a carico del sistema respiratorio, del sistema circolatorio e dei processi metabolici, responsabili della trasformazione del cibo in energia.

Con il test è possibile avere una panoramica dettagliata di alcuni valori fondamentali:

  • ossigeno: misura la quantità di ossigeno nel sangue
  • emoglobina: misura la quantità della proteina che trasporta l’ossigeno nelle cellule
  • saturazione: misura quanta emoglobina svolge correttamente il trasporto di ossigeno
  • pressione parziale dell’ossigeno: serve a monitorare quanto l’ossigeno si muova bene dai polmoni al flusso sanguigno
  • pressione parziale dell’anidride carbonica: misura la quantità di CO2 presente nel flusso sanguigno e con quanta efficacia venga smaltita
  • pH: misura l’equilibrio delle basi e degli acidi nel sangue, ossia i livelli di pH. I valori normali del pH sanguigno si assestano intorno a 7.35 e 7.45: in caso siano più bassi, il sangue è considerato acido, se invece sono più alti il sangue è considerato alcalino
  • idrogenocarbonato: misura la concentrazione di ioni bicarbonato, regolato dai reni, componente metabolica del pH ematico

A cosa serve l’emogasanalisi venosa?

Esiste anche l’emogasanalisi venosa che viene effettuata per motivi pratici, insieme ad altri prelievi venosi, ma con dati di ossigenazione del sangue non utilizzabili rispetto a quella arteriosa.

Tuttavia può essere utile se si debba solo monitorare il grado di acidità ematico, anche se si riscontreranno livelli di anidride carbonica più alti.

Interpretazione dei risultati

Per l’interpretazione dei dati, il primo parametro cui fare attenzione è il pH, e se ci si trovi in presenza di alcalosi o di acidosi.

Il secondo step è la valutazione della pressione parziale di anidride carbonica: se supera i 45 mmHg si è in presenza di acidosi respiratoria o ritenzione di CO2, viceversa per valori inferiori ai 35 mmHg si è in presenza di alcalosi respiratoria o eccesso di CO2, solitamente con iperventilazione.

Si procede poi alla valutazione del parametro del bicarbonato: se maggiore di 26mEq/l si ha alcalosi metabolica, se minore di 22 mEq/l acidosi metabolica.

Confrontando i dati ottenuti dalla pressione parziale di ossigeno e i livelli di bicarbonato con il pH sanguigno, sarà possibile determinare quale molecola – ossigeno o anidride carbonica- sia carente o eccessivamente concentrata.

Tabella dei parametri normali per l’emogasanalisi

Emogasanalisi – parametri normali

Perché e quando si fa l’emogasanalisi

Questo tipo di esame viene prescritto per valutare la funzionalità polmonare o per verificare che le terapie seguite dal paziente siano corrette, ma anche per individuare eventuali squilibri nel pH che suggeriscono malattie metaboliche, respiratorie e renali.

In caso di sintomatologie connesse alla respirazione, come affaticamento, spossatezza, emicranie, ma anche se si è sottoposti a ossigenoterapia, l’emogasanalisi è un ottimo strumento per sincerarsi della funzionalità polmonare e del corretto scambio dei gas.

Nelle medicina di urgenza, l’emogasanalisi è in grado di individuare velocemente condizioni di sepsi, infiammazione, shock septico, shock emorragico, ketoacidosi da diabete, acidosi renale tubulare, infarto, dispnea, asma.

Preparazione all’esame

Non sono richiesti particolari accorgimenti prima del prelievo arterioso, tuttavia in caso di ossigenoterapia è raccomandato sospendere il trattamento una ventina di minuti prima del test.

In sede di esame, ai pazienti può essere praticato l’Allen test, che consiste in una manovra del tutto indolore volta a verificare che le arterie del braccio siano aperte e funzionanti correttamente.

Emogasanalisi Roma a casa

Tra i servizi a domicilio di Emergenza Forlife, l’emogasanalisi è uno di quelli più richiesto, specie in presenza di patologie cardio respiratorie che richiedano un monitoraggio costante dei parametri forniti da questo tipo di esame.

Si può richiedere il test semplicemente contattando il numero 06 86976146: un infermiere specializzato sarà pronto a raggiungervi a Roma e provincia, con referto immediato.

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Assistenza Domiciliare Integrata, di che si tratta, quando e come si attiva

L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) consiste in un insieme di prestazioni e di interventi sia medici che sociosanitari erogati direttamente nelle private abitazioni da personale specializzato, volti alla tutela e alla continuità della cura di pazienti non autosufficienti, di tutte le età e le estrazioni sociali.

I servizi compresi nell’ADI spaziano tra quelli infermieristici, farmacistici, psicologici, fisioterapici, medici e sanitari, in modo da evitare lunghi ricoveri presso strutture ospedaliere, specialmente nel caso di pazienti geriatrici o terminali.

Come funziona l’Assistenza Domiciliare Integrata?

Per richiedere l’ADI occorre interpellare il medico di base che, dopo aver valutato la situazione, può inoltrare al Distretto Sanitario competente l’attivazione dell’Assistenza Domiciliare Integrata semplice: questa prima tipologia prevede interventi brevi e di facile compimento, come medicazioni, prelievi sanguigni, rimozione o introduzione di cateteri, sondini, clismi, iniezioni etc.

Viceversa, per un’ADI complessa, la richiesta deve essere valutata da un team di diverse figure professionali afferenti all’Asl di riferimento, che avvierà il sistema di cure integrate domiciliari solo in caso di conclamata necessità e gravità delle condizioni di salute del paziente. L’Asl può anche delegare l’ADI ad aziende, enti e convenzionati certificati e accreditati nella zona. Per ogni paziente viene stilato un Piano di Assistenza Individuale in base alle necessità individuate.

Quando si può attivare l’ADI e per quali patologie?

Il servizio è rivolto a tutte le persone che soffrono di patologie gravi, handicap fisici e psichici, non autosufficienti permanentemente o in caso di infortunio, o che hanno malattie invalidanti, degenerative o terminali.

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Qual è la differenza tra assistenza domiciliare e Assistenza Domiciliare Integrata?

Normalmente indicata con l’acronimo SAD – Servizio di Assistenza Domiciliare – questo tipo di sussidi prevedono l’accudimento di persone disabili, anziane o fragili soprattutto da un punto di vista di attività necessarie per la conduzione di una vita quotidiana decorosa, nonostante l’infermità. Si richiede infatti l’Assistenza Domiciliare SAD per trattamenti di igiene, compagnia e sostegno, mobilizzazioni, somministrazione pasti e medicinali.

Le figure professionali per il SAD sono principalmente assistenti e operatori socio sanitari, psicologi e infermieri.

Nell’Assistenza Domiciliare Integrata, invece, rientrano tutta una serie di prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative e fisioterapiche, psichiatriche etc. che di fatto “decentrano” e sostituiscono nel domicilio il ruolo dell’ospedale, alleggerendo da una parte il carico delle strutture pubbliche del SSN e dall’altro garantendo la continuità delle terapie in un ambiente più favorevole al paziente.

Infine, l’ADI è un servizio gratuito in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, stabilito per il diritto alle cure mediche, mentre il SAD prevede un contributo da parte dell’assistito che varia in base all’ISEE.

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L’Assistenza Domiciliare privata

In mancanza dei requisiti necessari per accedere interamente o parzialmente gratuitamente all’ADI e al SAD, ci si può rivolgere ad aziende private che erogano gli stessi servizi sotto forma di “pacchetti” continuativi o personalizzati, in cui sono previste le prestazioni necessarie per la cura del malato a casa.

Il vantaggio della terapia domiciliare, oltre a evitare ricoveri impropri, sta nel poter accudire il paziente malato nella sua dimensione di confort e affetto familiare, cosa che si dimostra anche un’arma in più nel decorso della malattia.

For Life Emergenza per l’assistenza domiciliare a Roma

Se cerchi un servizio privato di assistenza domiciliare a Roma, lo staff di Emergenza For Life è costituito da professionisti sanitari qualificati e certificati che forniscono tutte le prestazioni necessarie a coloro che non possono mantenersi da soli.

I servizi su misura forniscono assistenza su base oraria, occasionale o continuativa, diurna e notturna, anche il sabato, la domenica e i giorni festivi. Per maggiori informazioni: 06 86 976 146

Post covid: che esami fare e quali sintomi tenere sotto controllo

Il covid colpisce ancora: innumerevoli i casi di nuova contrazione della malattia e di persistenza. Ma come bisogna comportarsi nel post covid? Quali esami si possono fare per tenere la situazione sotto controllo? E quali sono i sintomi cui prestare attenzione?

Post covid: i parametri da normalizzare

Dopo la malattia, il tampone negativo sancisce finalmente il ritorno alla normalità della vita quotidiana, ma non è detto che sia lo stesso per alcuni parametri del nostro organismo che solitamente si normalizzano nelle settimane post covid.

In alcuni casi, nonostante la guarigione, si arriva a parlare di Long Covid, ossia della persistenza dei sintomi tipici dell’infezione, che può insorgere anche in soggetti asintomatici.

Il senso di stanchezza, affaticamento e spossatezza che molte persone riferiscono anche dopo essere risultate negative al test covid è una spia di come il virus sia in grado di destabilizzare l’equilibrio del nostro organismo.

Nella fattispecie, una risposta immunitaria sovreccitata potrebbe portare a quadri infiammatori che interessano diversi apparati, che è bene monitorare prima di un possibile peggioramento.

Leggi anche: Misurazione dei parametri vitali: cosa sono e quali sono i valori corretti?

Quanto dura il post covid?

Il ritorno alla normalità dopo la malattia può richiedere qualche giorno, anche nel migliore dei casi, e non c’è da preoccuparsi se qualche strascico si protrae fino a 7 giorni.

Nel caso invece di una durata maggiore, si parla di Long Covid, in cui si distinguono due fasi principali catalogate come Malattia Covid 19 Sintomatica persistente e Sindrome Post Covid-19.

La prima può durare da 4 a 12 settimane dopo il contagio e colpisce circa un quarto delle persone contagiate.

La seconda, invece, si verifica quando i sintomi si protraggono oltre i 3 mesi dal contagio, interessando circa il 10% dei contagiati, specialmente anziani, soggetti fragili, persone in sovrappeso o con patologie croniche pregresse.

Leggi anche: Conseguenze del Covid-19 sulla salute: ecco cosa succede

Quali sono gli organi da monitorare post covid

Sappiamo che il covid interessa principalmente il distretto polmonare e l’apparato respiratorio, ma gli esiti della malattia possono colpire anche altri organi, come il cuore, i reni, l’intestino, oltre al sistema vascolare o quello nervoso e all’apparato muscolo scheletrico.

Il primo indizio di una compromissione o di un interessamento di questi sistemi è la comparsa o la persistenza di sintomi che possono essere scambiati per altre patologie, come la febbre o il raffreddore: fatica a respirare, astenia, cefalee, febbri ricorrenti, tosse persistente, affanno, tachicardia, ansia, risposte vagali, dolori addominali e muscolari.

Quali analisi e quali esami sono consigliati nel post covid?

Laddove il medico sospetti un quadro clinico preoccupante, può prescrivere ai pazienti che hanno manifestato sintomatologie collegabili al post covid una serie di indagini diagnostiche specifiche, volte a valutare la salute del paziente.

Tra queste, l’ecocardiogramma, l’ecografia toracica, la visita pneumologica o approfondimenti nefrologici, cardiologici e gastrointestinali.

Tuttavia, anche alcune semplici analisi del sangue sono sufficienti per avere una panoramica generale della situazione dell’organismo post covid: prime tra tutte la misura della VES e della PCR reattiva, spie di un ipotetico stato di infiammazione.

Leggi anche: Cos’è la VES e a cosa serve misurarla? Ecco quello che c’è da sapere sulla Velocità di ElettroSedimentazione

Il check up domiciliare di For Life per il post covid

Sia che abbia ancora i postumi del covid che se voglia controllare la normalizzazione dei parametri comodamente da casa, Emergenza For Life ha dedicato un check-up post covid a tutti quei pazienti che intendano scongiurare possibili complicazioni.

Con un semplice prelievo di sangue e il referto che arriva nel giro di poche ore, potrai sapere in tempo reale se ci fossero eventuali focolai ancora attivi, prevenendo l’aggravarsi della situazione.

Chiama il call center per avere le informazioni relative al check up: 06 86976146

Leggi anche: Terapie post Covid: cosa fare dopo il virus

Holter a domicilio: tempi e modalità per farlo in tutta sicurezza

Vi hanno prescritto di fare un holter a domicilio per monitorare l’attività cardiaca nell’arco di 24 o 48 ore ma non sapete come fare o a chi affidarvi?

Niente paura! Si tratta di un esame del tutto non invasivo e indolore, durante il quale si può svolgere qualsiasi attività, a patto che si presti una certa attenzione al dispositivo in dotazione, che può talvolta risultare un po’ fastidioso nei movimenti.

Holter cardiaco e holter pressorio, cosa sono e a cosa servono

L’holter cardiaco – conosciuto anche come elettrocardiogramma dinamico – fa parte di tutti quegli esami diagnostici volti a individuare l’insorgenza di patologie a carico del miocardio, a monitorare l’efficienza del cuore o, ancora, verificare la corretta terapia farmacologica.

L’esame consiste nell’applicazione sul torace di 6 o 8 piccole ventose o piastrine adesive, collegate a un piccolo apparecchio elettronico da tenere in tasca o da fissare alla cintura, che monitora in un arco di tempo prestabilito, solitamente 24 o 48 ore anche se si può arrivare a tenerlo per 5-7 giorni, l’attività elettrica del cuore, sia in condizioni di riposo che di sforzo. Questo aiuta a valutare la natura di possibili disturbi cardiologici – specie difficoltà respiratorie, dolori al petto, vertigini, tachicardia o bradicardia, aritmie) durante una giornata di vita quotidiana, per poter così intervenire puntualmente laddove necessario: è importante annotare su un taccuino le varie attività svolte in modo da associare ad ognuna di esse il tracciato registrato dall’holter,

L’holter pressorio si posiziona sul braccio del paziente e serve per lo più quando si registrano sbalzi di pressione o condizioni patologiche di ipertensione per tenere sotto controllo sia la salute del sistema circolatorio che l’efficacia delle terapie adottate.

Registra i valori della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, parametri non sempre attendibili nel momento in cui si esegue un semplice elettrocardiogramma e che pertanto si preferisce monitorare su un lasso di tempo più lungo.

Leggi anche: Misurazione dei parametri vitali: cosa sono e quali sono i valori corretti?

Holter a domicilio, come si richiede

Dietro prescrizione medica, si può richiedere l’apparecchio all’asl di competenza, o in farmacia, ma sovente per problemi di mobilità o difficoltà di trasporto, è preferibile affidarsi a un infermiere specializzato che possa applicare un holter a domicilio al paziente che lo necessita.

Posizionamento e rimozione dell’apparecchio, in questo caso, insieme alla verifica dei dati registrati potranno quindi essere svolti direttamente a casa del paziente, senza dover recarsi due volte a prelevare e restituire il dispositivo.

I costi sono in ogni caso piuttosto contenuti, eccedendo solo in rari casi oltre un centinaio di euro, compresa la lettura del referto.

Leggi anche: Ossigenoterapia domiciliare: che cos’è e a cosa serve

Monitora la tua salute cardiaca con Forlife Emergenza

Per tutti i soggetti che necessitano un holter cardiaco a domicilio ma non possono muoversi da casa o per chi deve monitorare costantemente il proprio stato di salute, emergenza Forlife offre un pacchetto di esami di diagnostica a casa completo: dall’elettrocardiogramma, all’ecocolordoppler, all’holter a domicilio basta chiamare il numero 06 86976146 per prenotare il servizio richiesto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, con la garanzia di un personale specializzato, preparato e che potrà rispondere al tutte le esigenze dei pazienti.

Leggi anche: Esami diagnostici

Cos’è la VES e a cosa serve misurarla? Ecco quello che c’è da sapere sulla Velocità di ElettroSedimentazione

Tra le analisi più comuni prescritte dal medico di base compare spesso la VES, acronimo che indica la velocità di elettrosedimentazione dei globuli rossi.

La sua valutazione è una spia importante per individuare processi infiammatori in atto e dunque stabilire se sia il caso di eseguire indagini più approfondite.

Che cosa misura la VES?

La VES misura la velocità di elettrosedimentazione degli eritrociti, ossia quanto velocemente i globuli rossi si depositano sul fondo di una provetta graduata di sangue opportunamente preparato per fare in modo che non coaguli, separandosi dal plasma, ossia la parte liquida del sangue. L’unità di misura utilizzata è quella di millimetri di sedimento in un’ora.

In condizioni di normalità, questo processo è relativamente lento, ma qualora dovesse essere in atto un’infiammazione dell’organismo o un processo immunitario, la velocità di sedimentazione aumenta.

La VES è anche spia di malattie croniche, disordini del sistema immunitario e altri tipi di condizioni mediche. Per sua natura è un indice aspecifico di flogosi, ossia rileva solo la presenza di processi infiammatori, ma non può determinarne da sola la causa scatenante.

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Per cosa si usa questo esame?

Attraverso la VES si è in grado di determinare la presenza di agenti che causano infiammazione o infezione dell’organismo, siano essi cronici o temporanei.

Rientrano nei fattori che fanno innalzare la VES, tra gli altri, l’anemia, l’artrite, la vasculite, la mononucleosi, le malattie infiammatorie intestinali, i tumori, le patologie autoimmuni, le malattie renali e della tiroide, la gotta, l’endocardite, la tubercolosi, il lupus, l’infarto miocardico e polmonare, la setticemia, l’uremia, la necrosi, la tromboflebite.

Ma perché si usa? Il motivo è piuttosto intuitivo: data la facilità di esecuzione del test, la VES aiuta a interpretare lo stato di salute dell’organismo e la sua risposta immunitaria. Sebbene valori alterati della sedimentazione degli eritrociti siano da tenere sotto controllo, in casi di trauma o di infezione conclamata, non c’è da preoccuparsi se questo parametro eccede, perché indica semplicemente che il corpo sta reagendo all’infiammazione.

La misura della VES è utile anche per il monitoraggio del decorso di una patologia precedentemente diagnosticata. A essa possono essere associate altre indagini specifiche, come il dosaggio della PCR, il fibrinogeno o il fattore reumatoide.

Valori normali della VES

I valori della velocità di elettrosedimentazione variano in base al sesso e all’età del paziente che si sottopone al test: le donne hanno un indice tendenzialmente più alto rispetto agli uomini, e negli anziani si riscontra un aumento del parametro del tutto naturale.

In condizioni normali, i globuli rossi si depositano in media di circa 10-20 mm in un’ora. Nello specifico, ecco i valori normali divisi per genere e fasce d’età:

  • uomini tra 20 e 49 anni: 5 mm/h, anche se l’intervallo è compreso tra 0 e 13 mm/h
  • uomini tra 50 e 69 anni: 7 mm/h, anche se l’intervallo è compreso tra 0 e 19 mm/h
  • donne tra 20 e 49 anni: 9 mm/h, anche se l’intervallo è compreso tra 0 e 21 mm/h
  • donne tra 50 e 69 anni: 12 mm/h, anche se l’intervallo è compreso tra 0 e 28 mm/h

Quando si prescrive?

La VES viene prescritta sia quando il medico sospetti che ci sia un’infiammazione in atto dovuta, per esempio, a un abbassamento delle difese immunitarie, come nel caso di eccessiva cagionevolezza o malattie ricorrenti, sia quando insorgano dei sintomi associati alle patologie che abbiamo indicato.

È bene ricordare che una VES appena al di sopra dei parametri normali può non rispecchiare appieno lo stato di salute del paziente, in quanto la malattia – spesso di origine batterica nei casi meno gravi – potrebbe essere già passata nel momento del test.

VES a domicilio con ForLife

La VES è solitamente compresa nelle analisi di routine per verificare le condizioni di salute di un paziente. Si effettua con un semplice prelievo a digiuno di almeno 3 ore, e i risultati si ottengono nel giro di poche ore.

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Sideremia, come si misura e quali sono i parametri normali nelle analisi del sangue

Quando si parla di sideremia ci si riferisce alla valutazione della concentrazione di ferro nel sangue, che è possibile misurare grazie a un semplice prelievo venoso con le analisi di routine.

Ma perché questo metallo è così importante per il nostro organismo? Non di rado si associa alla mancanza di ferro condizioni di malessere, debolezza e stanchezza, sintomatologie che possono effettivamente indicare concentrazioni basse della molecola nel sangue. Ecco dunque cosa c’è da sapere sulla sideremia e quali sono i parametri normali da tenere in considerazione.

Ferro e transferrina

Nello specifico, la sideremia rileva la concentrazione del ferro non emoglobinico di “trasporto”, ossia quello che si lega nel sangue a una proteina specifica, la transferrina, responsabile della distribuzione del ferro dal fegato e dall’intestino ai tessuti che ne abbisognano.

Ma a cosa serve il ferro? L’elemento chimico, considerato ubiquitario sul nostro pianeta e di origine astronomica (non è un caso che siderurgia o sideremia condividano la stessa radice latina sidus-sideris, che indica proprio i corpi celesti), è essenziale alle funzioni vitali del nostro organismo, giocando un ruolo fondamentale nel trasporto dell’ossigeno, nella formazione dei globuli rossi e di alcuni enzimi, nel funzionamento dei muscoli.

In generale, assumiamo ferro dai cibi in cui il minerale è maggiormente biodisponibile, in special modo da carni rosse, pesci e molluschi, frutta a guscio e legumi. Una volta ingerito viene assorbito dalla mucosa intestinale e trasferito nel fegato, vero e proprio magazzino del ferro e organo deputato alla sua distribuzione.

Per fare in modo che entri nel circolo sanguigno, il ferro si lega alla transferrina o all’emoglobina, oltre a una serie di proteine minori come la ferritina, e per questo si distingue il ferro emico (EME), ossia quello circolante, da quello non emico (non-EME), ossia quello di accumulo che si trova prevalentemente nel fegato, nel midollo osseo e nella milza.

La sideremia misura dunque solo il primo tipo di minerale, potendo valutare anche la concentrazione proteina che lo trasporta.

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Di quanto ferro abbiamo bisogno?

Si stima che la quantità di ferro presente nel corpo di un uomo adulto sia pari a 3-4 grammi totali, e per mantenere questa quantità in equilibrio, sopperendo alle perdite naturali tramite feci e urine, bisognerebbe assumerne tra i 7,9 e i 10 mg al giorno in condizioni normali.

I valori di sideremia corrispondenti alla normalità oscillano tra i 53 e 167 mcg/dl per gli uomini e tra 49 e 151 mgc/dl per le donne.

In caso di sospetto di carenza di ferro e anemia o di ematocrito anomalo, il medico di base può prescrivere l’esame per individuare eventuali stati di iposideremia o iperferritinemia.

Livelli bassi di ferro: l’iposideremia

La carenza di ferro è alla base di alcune patologie ematiche, come l’anemia, di situazioni di cattivo assorbimento, degli stati di gravidanza, di malattie infettive o di formazione di neoplasie o di malattie infettive.

Può anche essere indice di emorragie interne o sanguinamenti prolungati, fino ad arrivare a segnalare l’infarto del miocardio acuto, ma più frequentemente si riscontra nei casi di un apporto alimentare della sostanza non sufficiente, oppure in seguito a sforzi sportivi intensi e costanti.

Influiscono sul malassorbimento del ferro anche il diabete, flussi mestruali troppo abbondanti, l’ulcera, la vecchiaia, l’insufficienza renale e l’assunzione di farmaci che possono alterare le funzioni digestive.

In generale la mancanza di ferro è associata a sintomi piuttosto riconoscibili, come eccessiva stanchezza, palpitazioni, angina, mal di testa e vertigini, pallore diffuso, fragilità ungueale, comparsa di piaghe e ragadi agli angoli della bocca.

Livelli alti di ferro: l’iperferritinemia

Meno consueta dell’iposideremia, l’iperferritinemia si verifica quando i livelli di ferro emoglobinico eccedono verso l’alto i parametri normali.

Si riscontra più frequentemente nei bambini che hanno ingerito accidentalmente massicce dosi di ferro, ma è associata anche a malfunzionamenti midollari e ad anemie emolitiche, all’epatite e alla cirrosi epatica. In questi casi si percepisce dolore alle articolazioni e si riscontra un ingrossamento di milza e fegato, associati a dolore addominale, aritmia o tachicardia.

Interferiscono con il ferro anche l’assunzione di alcuni medicinali, di alcool o di pillola contraccettiva.

Come effettuare l’esame della sideremia

Per prepararsi all’esame, è consigliabile non assumere grandi quantità di carni rosse o cibi contenenti ferro nelle 24-48 ore prima del prelievo, che deve essere effettuato a digiuno di almeno 10 ore.

Una volta ricevuto il referto, il medico valuterà i risultati e, ove necessario, indicherà se sia necessario approfondire con ulteriori analisi di ferritina, transferrina e TIBC (Total Iron Binding Capacity).

Sideremia a casa con For Life

Grazie a For Life Emergenza, a Roma e nel Lazio, è facilissimo controllare i parametri di sideremia comodamente a casa: l’azienda offre una serie di servizi domiciliari, come il check up base o il check up avanzato, mettendo a disposizione una squadra di infermieri professionisti che potranno effettuare il prelievo di sangue in ogni momento della giornata e senza doversi spostare dal proprio domicilio.

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Glucosio nel sangue: perché è importante tenerlo sotto controllo?

Tra gli esami di laboratorio più comuni, come l’emocromo o l’azotemia, il glucosio nel sangue è uno di quelli più richiesti, poiché misura il livello nel sangue (o nelle urine) di questo composto organico, indispensabile per la vita e il benessere dell’organismo, ma pericoloso se supera certi valori.

Cosa sono il glucosio e la glicemia e qual è la differenza?

Il glucosio, dal greco γλυκύς – dolce, è un monosaccaride aldeidico ed è lo zucchero semplice in assoluto più diffuso in natura e nei liquidi organici, come appunto il sangue, costituendo la primaria fonte di energia delle cellule e in special modo di cervello e sistema nervoso.

Nel nostro organismo viene prodotto principalmente nel fegato che opera una scissione dei carboidrati e delle riserve di glicogeno, o attraverso il processo di gluconeogenesi.

Con il termine glicemia si indica la quantità di glucosio presente nel sangue e può essere espressa in diverse unità di misura, anche se più comunemente si parla di mg/dl (milligrammi in un decilitro) o mmol/l (millimoli per litro).

Si può misurare in tre modi: glicemia casuale, senza cioè riferimenti all’ultimo pasto consumato, glicemia a digiuno, esame da effettuare lontano dai pasti, o con il test orale di tolleranza al glucosio, metodica speciale che consente la valutazione della glicemia a digiuno, a un’ora e a due ore dal prelievo.

L’esame della glicemia è richiesto principalmente per verificare le condizioni generali di salute del paziente o in caso di sospetto di diabete e per il monitoraggio delle terapie dietetiche e farmacologiche adottate in presenza della malattia.

Quali sono i valori normali del glucosio nel sangue?

La variazione del glucosio nel sangue viene considerata normale se compresa tra i valori di 70 e 100 mg/dl, a digiuno, anche se in gravidanza si dovrebbe assestare su valori inferiori ai 92 mg/dl, per non incorrere nel cosiddetto diabete gestazionale.

Il dosaggio del glucosio risulta infatti di primaria importanza nella diagnosi di malattie metaboliche quali il diabete mellito o la sindrome di Cushing, ma anche di pancreatiti, tumori al pancreas, ipertiroidismo, patologie del fegato e dei reni, insufficienza cardiaca, presenza di infezioni gravi e malattie psicologiche legate ai disturbi alimentari.

Ipoglicemia e iperglicemia

Se la concentrazione ematica di glucosio nel sangue risulta sopra ai parametri di riferimento, ci si troverà in una condizione di iperglicemia. Si parla di prediabete con valori compresi tra 100 e 125 mg/dl, a digiuno, mentre di diabete quando la concentrazione supera questa soglia.

In caso di ipoglicemia, invece, i valori del glucosio scendono al di sotto dei 55-60 mg/dl. Questa condizione si verifica maggiormente nei pazienti sottoposti a cure insuliniche, ma può essere determinata anche dall’assunzione di alcuni farmaci, dall’attività fisica intensa, o dal ridotto apporto glicemico per diete troppo severe.

Come si effettua l’esame?

La valutazione dei livelli di glucosio nel sangue viene effettuata su un campione ematico prelevato solitamente da una vena del braccio. Nella maggior parte dei casi si richiede il dosaggio della glicemia a digiuno, cioè devono essere trascorse tra le 8 e le 12 ore dall’ultimo pasto per non alterare i risultati dell’analisi.

Per soggetti malati o a rischio di sviluppo di diabete, che devono monitorare assiduamente i livelli di glicemia, esistono anche piccoli dispositivi, chiamati glucometri, che eseguono l’indagine su un campione di sangue proveniente dal polpastrello. Questo apparecchio è particolarmente indicato per chi soffre di diabete poiché la misurazione della glicemia deve essere effettuata più volte al giorno, sia a digiuno che durante le fasi digestive.

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A Roma, lo staff di Emergenza For Life è in grado di effettuare l’esame della glicemia in brevissimo tempo, direttamente a casa.

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